Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza condannato a titolo di «cooperazione nel delitto colposo»
La pronuncia della Corte di Cassazione n. 38914/2023 del 25 settembre 2023 ha confermato una condanna nei confronti di un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), a titolo di “cooperazione nel delitto colposo” (art. 113 c.p.), per l’infortunio mortale cagionato ad un lavoratore (impiegato tecnico
impropriamente adibito al compito di magazziniere) cui era affidato l’uso di un
carrello elevatore nonostante non avesse frequentato lo specifico corso
abilitante previsto dal D.Lgs. n. 812/2008 e dal conseguente e vigente accordo
Stato Regioni.
La sentenza di merito ci fornisce la spiegazione decisiva delle ragioni della condanna, nello specifico, all’imputato “era stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale attraverso una serie di contegni
omissivi, consistiti nell’aver omesso di: I) promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori; II) sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui il lavoratore in questione) per l’uso dei mezzi di sollevamento; III) informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del lavoratore, del carrello elevatore“.
La Corte, respingendo i motivi del ricorso del difensore, che invocava la funzione di RLS al fine di ottenere l’annullamento della condanna, ha ricordato come “l’art. 50 D.Lgs. 81/2008 – che ne disciplina le funzioni e i compiti – attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso
informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro“.
Nella decisione del caso di specie – “viene in rilievo non se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia – intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. cod. pen.) – ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 cod. pen.“.